Gli opposti mi attraggono

Nell’arco di ventiquattro ore, tra sabato e domenica, ho visto due film che per molti versi sono agli opposti. Uno strapieno di effetti speciali e con ritmo travolgente, Transformers 4 (qui), l’altro senza l’ombra di un effetto e dal ritmo molto più lento, Gli elefanti hanno buona memoria (qui). In comune hanno che sono due film di genere, uno d’azione e l’altro giallo, e che sono due belle storie raccontate bene e girate con gusto. Ma com’è possibile che mi siano piaciuti entrambi, e non solo a me, anche a mia moglie???

Gli intellettuali più snob del mondo

Gli intellettuali italiani hanno tutti la puzza sotto il naso. Certo, probabilmente anche molti intellettuali stranieri ce l’hanno, ma da noi di più. Lo snobismo è conditio sine qua non: o ce l’hai o non sei un vero intellettuale. Questo snobismo agisce come un presidio occhiuto delle aree “sacre”.

È prima di tutto controllo della lingua. Concetti come “scrittore” o “letteratura” devono essere vigilati molto attentamente dai sacri Guardiani. Guai se vi accedesse un comune mortale!

Questo atteggiamento ridicolo meriterebbe una sana pernacchia via satira, se da noi la satira non fosse totalmente e volontariamente sottomessa agli intellettuali snob. Intendo quella satira che fa battute e battute su Fabio Volo scrittore, ah ah che ridere, Fabio Volo scrittore, ah ah, ma non ha il coraggio di tirare mai in ballo i mostri sacri, come il noiosissimo Magris, il prolisso Eco eccetera.

Sia chiaro, una graduatoria di valore è giusto e naturale che esista, ma chi pubblica è uno scrittore. Punto. E chi è scrittore entra di fatto nella letteratura. Punto. La letteratura è una cosa viva, come vivi sono gli scrittori, anche quelli morti. Il resto sono seghe di segaioli snob.

Purtroppo, tra gli effetti deleteri di questo snobismo c’è la sudditanza. Della satira, ma non solo. Anche degli scrittori stessi, che soffrono se non gli viene riconosciuto il rango di “vero scrittore”, nemmeno alla milionesima copia venduta. Anzi, lì si rinforza il sospetto dei Guardiani.

È esattamente come il “cinema d’autore”, che viene spacciato come l’unico “vero cinema”. Da questo penoso equivoco nascono sterili diatribe su che cosa è cinema e cosa non lo è. Transformers non è cinema, i mattonazzi neorealisti sì. Vacanze di Natale non è cinema, Sorrentino sì. Ma quando mai! Anche il cinema, come la letteratura, è una cosa viva.

Si potrebbe, poi, stilare anche una bella classifica dello snobismo, di cui porto un ottimo esempio: Curzio Maltese, che riunisce tutto in una sola frase, “Volo non è letteratura, Zalone non è cinema” (qui). Un esempio di chi invece è sulla via giusta è tale Filloley, segnalato da Christian Rocca (qui).

(Ah, per la cronaca: non ho visto Masterpiece, ho letto l’articolo di Volo ma non i suoi libri, e ho letto solo un pezzo dell’articolo di Curzio Maltese, prima di stracciare la Repubblica.)

Film: Captain Phillips, attacco in mare aperto

La prima mezz’ora, lo schermo è ingombrato da: nuca di Tom Hanks, zigomo di Tom Hanks, lobo di Tom Hanks, profilo dell’occhio di Tom Hanks, più nuche, zigomi, lobi e profili dei disperati somali che organizzano, si fa per dire, l’assalto piratesco. Mentre gli occhi ti vanno insieme e stai decidendo di scrivere una mail al regista Paul Greengrass per chiedergli indietro i soldi del biglietto, e che cavolo di motivo c’è per fare solo inquadrature da dermatologo, ecco che l’azione comincia a tirarti dentro. Poi succede una cosa che non dico, perché odio chi rovina le trame dei film, e da lì in poi il film ti tira proprio dentro. Finalmente anche le inquadrature strette hanno un senso. Fortuna che ci sono i Navy Seals, che in poche ore possono raggiungere qualunque angolo del mondo.

Giulio Andreotti e le bufale d’autore

Nel mondo del cinema d’autore, dei fumetti d’autore, del giornalismo d’inchiesta d’autore, insomma, di tutte le bubbole d’autore che circolano in Italia e che vengono premiate dalle giurie internazionali, giurie d’autore, eh, Giulio Andreotti è considerato da decenni l’incarnazione del male. Negli ultimi sessant’anni, non c’è affare losco, omicidio, strage, in cui lui non ci sia il suo zampino. E la prova suprema qual è? Che non ci sono le prove. Ovvio, qualcuno le ha cancellate. Chi? Ma naturalmente lui!!! Infatti, prima di Silvio Berlusconi, era lui il capo della mafia; l’aereo di Ustica lo ha abbattuto lui con il suo Mig personale; nelle stragi di Bologna, Brescia e Italicus c’era la sua lunga mano; le Br le ha create lui per i suoi sporchi fini; i palestinesi e i libanesi non sono mai esistiti, sono solo suoi depistaggi; il ricettacolo di tutte le nefandezze, l’archivio Vaticano, è in mano sua; il vero Patrick Lumumba, assassino di Meredith Kercher, in realtà non è affatto africano, alto e slanciato, ma romano, basso e gobbo; John Fitzgerald Kennedy e Aldo Moro non sono stati ammazzati con armi da fuoco, ma con un abbacchio alla romana (qui), cucinato a trastevere su ricetta speciale del divo Giulio, e da lui stesso portato a Dallas e nel covo delle Br; e via così. E oggi che è morto, sul giornale di riferimento di quel mondo d’autore, Repubblica, intervistano uno di quegli autori. Ecco le sue parole d’autore: “Osservando la vita politica di oggi, si può rimpiangere uno stile fatto di buone maniere, cultura politica e rispetto dell’avversario” (qui). Per il rispetto della verità storica, invece, si può rimpiangere un altro cinema.

Monti e la legge del figlio prediletto

In ogni famiglia c’è sempre il figlio, o la figlia, che gode della predilezione di mamma o di papà, di nonno o di nonna, o anche di tutti quanti. Nella grande famiglia della politica italiana, per un anno il vecchio nonno, che era stato nominato dall’ancor più vecchio trisavolo, è stato sostenuto dai tre nipotini giudiziosi, come da tre solide stampelle. Ebbene, oggi che due dei tre nipotini – anch’essi assai attempati, per la verità – si sono ribellati, il nonno si comporta in modo ambiguo. Contro Berlusconi, in risposta alle sue provocazioni, ha già tirato qualche bordata formidabile. Contro Bersani, invece, nulla. Eppure, Bersani ha detto: “Il governo Monti ha nascosto la polvere sotto il tappeto“, cioè ha truccato i conti. Accusa sanguinosa, contro il super-ragioniere. E ha anche rincarato la dose: “I partiti personali sono il cancro della democrazia!” Il cancro, eh, non il raffreddore. Quindi anche Monti, il cui nome sul simbolo è scritto grosso come una casa. Ma dal vecchio nonno, nessuna reazione. Mi ricorda quel film con Benigni e Troisi, quando uno dei due, il figlio meno amato, chiede alla madre (o nonna?): “A chi vuoi più bene, a me o a lui?“. E lei, istintivamente, si protende adorante verso l’altro, ma poi sospira con rassegnazione e dice: “Uguale.”

Argo

Bel film, tratto da un episodio storico, i 6 cittadini americani intrappolati in Iran nel 1979, durante la rivoluzione islamica (qui), e poi liberati con uno stratagemma geniale. Quindi una storia vera, sicuramente molto romanzata, eh, ma romanzata bene, che è la cosa più importante, per un film. Le follie del mondo del cinema, la violenza dei rivoluzionari, la paura di morire. Divertimento vero e angoscia vera. Strano, ma è così. Unici due difetti: i limiti di Ben Afflek come attore e qualche passaggio un po’ troppo veloce, che a me, quando c’è un passaggio troppo veloce, mi viene un po’ il timore di essere stato “fregato”.

Il potere, il cinema e noi

L’altra sera ho visto “Tutti gli uomini del presidente“, bel film americano di impronta pazzescamente “liberal”. Il grande mito del giornalista buono che trionfa contro il potente corrotto. E come mille altre volte mi sono chiesto perché noi italiani non siamo in grado di fare film così. Cioè, perché i film “civili” USA suonano onesti, mentre i nostri suonano irrimediabilmente falsi? La prima risposta è che il nostro cinema è incapace di raccontare certe cose. Vero. Siamo bravi solo a fare altri generi. Ma perché è così? Il motivo di fondo, per me, è culturale: noi abbiamo grossi problemi con il potere e con la sua rappresentazione. Allo stesso modo, abbiamo grossi problemi a parlare pubblicamente di soldi. Mi spiego meglio.

Da noi il potere politico non ha una vera gerarchia, con precise responsabilità individuali. Il presidente è un vecchietto insipido, gusto naftalina, e il parlamento è una grande palude, dove il governo annega impotente. La miriade di poteri locali complica il tutto. Ma soprattutto, a farla da padrona è la burocrazia: funzionari di ogni ordine e grado, procedure complicatissime, carte, bolli, magistrati, avvocati, notai – notai! Per noi, il potere non è la Casa Bianca con il suo occupante, da cui tutto discende con ordine, bensì una quantità di Palazzi Grigi, brulicanti di figure grigie e anonime, alle dipendenze di altre figure grigie e anonime. Un luogo opaco che sembra fatto apposta per ispirare la massima sfiducia e diffidenza, nel normale cittadino, ma un vero paradiso, per chi ha l’agio di gestire la sua fetta di potere nell’ombra e nell’anonimato.

Si aggiungano altri dati storici. La scomunica, nel dopoguerra, per la cultura di destra, che ha trasformato la cultura in una conventicola di sinistra. La gestione consociativa del potere, cioè il mostruoso accrocchio tra la “sinistra Dc” e la “destra Pci”, che falsava il normale rapporto tra elettore ed eletto. Il sistema giudiziario più scandaloso dell’occidente. Altro fattore che accresce l’opacità: i soldi, o meglio l’ipocrisia sui soldi. La gente ignora chi siano i proprietari dei giornali, così come ignora chi appoggia e finanzia i politici. La grande occasione offerta da Craxi con il suo celebre discorso è andata perduta, alimentando le furberie dei politici e il giustizialismo dei media.

Tutto questo ha favorito la fioritura indisturbata di tutta una sottocultura del “contropotere”, di ascendenza leninista, che ancora oggi, due decenni dopo il crollo del comunismo, domina il cinema “civile” e il giornalismo “impegnato”. Che sguazzano nel torbido esattamente come fanno i politici da essi stigmatizzati. Film, giornali e programmi tv fatti apposta per suscitare nello spettatore lo sdegno, l’indignazione a comando: indignatevi, masse ignoranti, ve lo ordina l’intellettuale impegnato! E vai di “stragi di stato”, politici mafiosi, corruzione, poliziotti cattivi etc… Paccottiglia nei contenuti, e spesso anche nella forma. Ma la sto facendo troppo lunga, per oggi chiudo qui.